Mi è giunto il manifesto qui a fianco che pubblicizza le partite delle nazionali "A" e "U20" rispettivamente il 3 febbraio 2008 e il 14 marzo 2008 a Mogliano Veneto (TV).
Ad occhio mi sembrava un po' tardino per un test match, vista l'imminenza del "6 nazioni".
Mi sono informato e ... guarda un po' ... l'italia gioca sabato 2 febbraio in Irlanda e la Scozia il 3 febbraio in Francia ...
A questo punto mi chiedo: non è che si tratti di una pubblicità un tantino ingannevole, visto che c'è pure un primo piano di Troncon, emblema decennale del rugby italiano?
Forse sono stato tratto in inganno solo dalla mia ignoranza, ma quanti che hanno visto il manifesto hanno un livello di competenza tale da sapere che nazionale "A" non significa la nazionale maggiore?
Spero tanto che il rugby non stia per diventare territorio di conquista mediatica, come lo è stato in passato per il motociclismo, lo sci, il ciclismo e la vela.
Il meccanismo è semplice: gli sport minori cercano vetrine per avere finanziamenti necessari al proprio sostentamento. I media hanno bisogno di trovare catalizzatori di attenzione sempre diversi.
Succede, poi, che i due interessi si incontrino.
Spesso per opera di un atleta che ha successo a livello internazionale, o per qualche sponsor che per passione o fiuto di un "mercato in crescita" punta sullo sport.
Oppure anche per opera degli stessi media.
Per il rugby, per esempio sembra che La7 e "Il sole 24 ore" spingano molto.
A questo punto nasce una sinergia che per qualche tempo è costruttiva: lo sport minore ha bisogno della popolarità per sostenersi e crescere, i media hano bisogno di "pompare" lo sport per stupire e divertire il pubblico.
Nascono miti, falsi esperti, tuttologhi da dibattito serale, super eroi sportivi e capita di trovarsi a sostenere una discussione al bar sulla tattica che Luna Rossa dovrà adottare nel prossimo match race con persone che al mare non sono mai state a galla su un materassino.
Il nuovo sport-sulla-bocca-di-tutti diventa motivo di attrazione dell'attenzione generale.
Perciò può capitare anche che un piccolo comitato locale che riesce ad organizzare un evento importante di livello internazionale, sfrutti la diffusa ignoranza del suo sport per trarre vantaggio della crescente (e peritura?) popolarità.
Purtroppo, spesso la troppa popolarità corrompe lo sport, snaturandone i principi morali e sportivi che (non essendo appunto generici e popolari) lo facevano sport "per pochi" (per esempio il calcio dagli anni '70-'80 ad oggi).
Altre volte è la mancanza di un personaggio chiave a far calare l'attenzione (lo sci e Alberto Tomba, ad esempio).
Altre volte ancora la caduta di popolarità e dovuta a motivi intrinsechi allo sport (vedi il ciclismo e il doping).
In Francia e Gran Bretagna il rugby, pur essendo uno sport popolarissimo, i cui campioni sono strapagati e le cui tecniche di allenamento rasentano la scientificità più maniacale, è riuscito a mantenere le sue caratteristiche di moralità, dedizione e lealtà.
Non mi fido degli italiani.
Vorrei che il rugby restasse uno sport minore.
Praticato molto e chiaccherato poco.
martedì 22 gennaio 2008
Nazionali
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