mercoledì 13 febbraio 2008

L'Australia chiede scusa agli aborigeni


Ho numerosi parenti in Australia che fin da piccolo mi raccontano di questa fantastico stato-continente. Nel 2007 ho trascorso un mese con mia moglie in giro per la costa orientale di New South Whales e Queensland. 5000 Km in Yaris da Sydney a Mackay e ritorno per l'entroterra.
Questa notizia pertanto mi ha particolarmente interessato.

Kevin Rudd.

La nomina di Kevin Rudd a primo ministro australiano è paragonabile all'avvento di Zapatero in Spagna. Senza morti, però.
Lo stampo ambientalista è evidenziata dalla prima decisione effettuata dopo l'assunzione della carica: la ratifica del trattato di Kyoto. La seconda importante notizia che è giunta in Europa riguarda proprio i rapporti con gli antichi abitanti del territorio australiano. E' stato chiarito fin dall'inizio, però, che questa svolta non avrebbe avuto i risvolti economici che le comunità chiedevano.

Aborigeni.

Tutti i miei parenti mi hanno sempre parlato degli aborigeni in tono spregiativo.
Non andava loro giù che ricevessero un indennizzo vitalizio che permetteva loro di vivere senza lavorare, che avessero la precedenza sull'assegnazione di case e sul trattamento sanitario pubblico. Una specie di razzismo al contrario provocato da un forte senso di colpa collettivo che nel tempo concorse a rovinare alla radice questo antico popolo.
Si dice che gli aborigeni siano caduti nelle trappole dell'alcool, delle droghe, del gioco d'azzardo, con tutto ciò che da questo ne consegue: lassismo, violenza, depressioni, suicidi, prostituzione, ecc.
Non mi fidavo troppo di ciò che mi dicevano i parenti, mi sembrava una visione parziale e un po' razzista, comprensibile quando viene da chi ha coostruito uno stato dal niente e che si ritiene fautore dell'attuale benessere.

La nostra esperienza.

Siamo arrivati in Australia sentendo il fascino per la popolazione indigena. Abbiamo visitato mostre, letto volantini, comperato un boomerang autentico e tele con disegni tipici dell' "Aboriginal Art". Al ritorno il mio sentore principale è di leggera ma sostanziale delusione.
In Australia è perfettamente normale incontrare persone delle più diverse culture e razze: europei mediterranei e del nord, libanesi, turchi, africani, asiatici di qualunque cultura. Lo si nota soprattutto quando si cerca un ristorante in una cittadina medio-grande... la scelta è molto variegata. Incontrare un aborigeno è molto raro, escludendo quelli che si esibiscono col digeridoo al Darling Harbour.

Nelle zone più densamente popolate, invece, è facile inmbattersi in uno di quei uffici pubblici che forniscono gratuitamente aiuto legale e medico agli aborigeni. Alle vetrate, normalmente, sono affissi volantini che avvertono della pericolosità della dipendenza dall'alcool e dalle droghe, dei rischi che si incorre a praticare la violenza, dalla pericolosità di incorrere in malattie veneree con rapporti sessuali occasionale e altri consigli di questo genere che di solito si ricevono dalla mamma.

Quando abbiamo detto ad alcuni nostri parenti che a pranzo avevamo mangiato a Dubbo (NSW) ci hanno detto che abbiamo rischiato grosso, che non è una città raccomandabile. Per la verità, abbiamo trovato una cittadina sonnolenta, molto economica. Abbiamo mangiato in un pub dove un giovane gestore tatuato, grande e grosso ci ha fatto gentilmente entrare in cucina perchè non riuscivamo a capire cosa significava "rissols" (polpette).

Le nostre conclusioni.

La nostra comune conclusione (mia e di mia moglie) è che il popolo degli aborigeni Australiano è definitivamente morto. Non è riuscito a sopravvivere promuovendo una cultura come sono riusciti a fare altri popoli in difficoltà, come i nativi dell'america del nord, o le civiltà dell'america centrale e meridionale.

Gli aborigeni asutraliani non hanno mai prodotto una cultura scritta e tramandabile. Le enormi distanze e l'esigua densità abitativa non hanno aiutato uno sviluppo culturale unitario.
Non c'era niente di romantico o saggio, da conservare, non sono stati tanto di moda nemmeno negli anni '70, quanto c'era un enorme interesse verso tutto ciò che era tribale e spiritistico.
Tutto ciò non mi sorprende vista la particolarità delle condizioni ambientali dell'australia.
Anche lo sviluppo della fauna ha dovuto soddisfare criteri ben diversi dal resto del mondo. Mentre infatti, nel mondo hanno vinto animali che potevano contare su forza e intelligenza, in Australia per sopravvivere gli animali hanno dovuto rinunciare al cervello (come al Koala) o elaborare una tecnica economica per respirare in movimento, come il Canguro, che sfrutta i balzi per respirare gratis. Insomma per sopravvivere in Australia bisogna, innanzitutto, risparmiare.

In base a queste considerazioni, sarebbe quindi facile azzardare l'ipotesi che il popolo aborigeno australiano abbia dato ben poco all'umanità. E che la sua eventuale scomparsa non sia una grande perdita.
Questa ipotesi, a mio avviso, non è fondata, in quanto non ritengo che l'unico metro di misura di un popolo sia la presenza di una lingua scritta, di una società complessa o di una tecnica architettonica.
Ogni ambiente ha il suo popolo, e il fatto stesso che in Australia ci fossero gli aborigeni, che vivevano in perfetta armonia con la natura, significa che era il popolo più adatto per quel territorio .

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